Test rapidi antigenici: è il momento di usarli per gli screening di massa

Nella gestione della pandemia il tracciamento dei contagi, come sappiamo, è fondamentale.

Il sistema dei tamponi molecolari è al momento il gold standard per la diagnosi della COVID-19, ma i tempi per ricevere l’esito spesso sono lunghi, ci possono volere 24 ore come tre giorni (in alcuni casi anche una settimana). E nell’attesa, non si potrebbe uscire di casa. Ma chi controlla?

Il test è considerato il più attendibile per la diagnosi, ed è quello più impiegato nei laboratori pubblici. Ma in questo momento, con il virus che non smette di circolare, il tampone molecolare inizia a mostrare evidenti limiti: si attende troppo per l’esito. Oggi il tampone molecolare viene offerto quasi esclusivamente a chi ha più sintomi riconducibili a un’infezione da Sars-CoV-2 (e ai suoi eventuali contatti nelle stesse condizioni). La sola febbre, in molti casi, è gestita con l’isolamento fiduciario e una terapia a domicilio.

Per questi motivi, una valida alternativa potrebbe essere rappresentata dai tamponi “rapidi” antigenici, quelli cioè che non rilevano l’RNA del virus ma la presenza di antigeni sulla sua superficie (come la proteina spike). I tamponi rapidi di ultima generazione sembrano offrire una sensibilità sovrapponibile a quella dei tamponi molecolari. A ribadirlo è il Ministero della Salute in questa circolare dello scorso 8 gennaio: “I test di ultima generazione (immunofluorescenza con lettura in microfluidica) sembrano mostrare risultati sovrapponibili ai saggi di RT-PCR”. Un’affermazione che apre la strada, si spera, a tracciamenti più veloci e ugualmente efficaci.

Pierangelo Clerici. Fonte: legnanonews.it

Ne ho parlato con Pierangelo Clerici, presidente AMCLI- associazione Miciobiologi Clinici Italiani e Direttore U.O. Microbiologia A.S.S.T Ovest Milanese.

L’AMCLI ha recentemente pubblicato un documento con l’obiettivo di fare chiarezza al fine di una più efficace diagnostica dell’infezione da COVID-19.

 

 

Professor Clerici, perché i test rapidi non sono stati usati fin da subito come i test molecolari?

In realtà ci abbiamo provato. Si sono usati tamponi antigenici di prima generazione ai “drive through” qualche mese fa. Ma quella prima generazione di tamponi mostrava una sensibilità molto bassa, tra il 30 e il 60%. Adesso, con le tecnologie messe in atto in questi mesi, abbiamo tamponi antigenici di terza generazione che non danno più questi problemi e mostrano una sensibilità simile a quella dei tamponi molecolari.

I test antigenici licenziati inizialmente (test immunocromatografici lateral flow) sono gravati da una grande variabilità in relazione anche alla matrice biologica utilizzata, risentono della prevalenza dell’infezione nella popolazione e devono essere riservati al contact tracing. Al contrario, i test antigenici a lettura fluorescente hanno migliori prestazioni ed in particolar modo quelli di più recente introduzione (immunofluorescenza con lettura in microfluidica) sembrano mostrare risultati sovrapponibili a quelli del saggio di real-time RT-PCR (i tamponi molecolari, ndr). E costano meno.

Come funzionano i testi antigenici?

Una volta eseguito, il tampone si inserisce in una provetta che contiene il liquido di estrazione. Con una pipetta si raccolgono le gocce di questa soluzione e si inseriscono in un “pozzetto”, un po’ come quello dei test di gravidanza. Questi test potrebbero essere usati per gli screening di massa, si possono fare in farmacia o presso il medico di medicina generale. I test molecolari, secondo noi, dovrebbero essere invece considerati solo a scopo diagnostico e solo in presenza di un forte sospetto clinico di infezione o in presenza di un contatto stretto con un soggetto con positività accertata.

Quindi: test rapidi per screening di massa e test molecolari solo per confermare sospetti Covid?

Esatto. Il test molecolare non è adeguato allo screening di massa della popolazione. Infatti, più è bassa la probabilità di avere un vero positivo, più diminuisce il valore predittivo positivo del test. I test di rilevazione molecolare o antigenica di SARS CoV-2 non trovano indicazione scientifica al di fuori di tali casi (diagnosi basate sui sintomi dei casi di “malattia da infezione da SARS CoV-2” i primi, contact tracing dei casi di “infezione da SARS CoV-2” i secondi). Perciò, l’utilizzo di test diagnostici al di fuori di tali indicazioni si configura come un ricorso “inappropriato” alla diagnostica virologica, che si traduce in un’inappropriata gestione delle risorse (economiche, strumentali, umane).

Chi può eseguire il test rapido antigenico?

Il test può essere eseguito da un infermiere ma è sempre il microbiologo che analizza il campione. Ci vogliono le competenze giuste per questo tipo di analisi, come quelle richieste per il tampone molecolare.

Che succede in caso di positività?

In quel caso occorre confermare la diagnosi con il test molecolare che rimane il più accurato in questo senso. Anche perché l’antigene può essere presente anche in assenza del virus e il tampone molecolare rileva appunto le tracce genetiche del virus, per questo è più affidabile. Ma in caso negativo, con il test rapido la persona è libera dopo 30 minuti dalla prova, e non deve aspettare giorni per attendere l’esito come succede con il test molecolare.

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Nel documento predisposto da AMCLI si ricorda infine come sia stato «ampiamente dimostrato, che la presenza a basso titolo dell’RNA virale nelle fasi tardive dell’infezione (soprattutto se vengono utilizzati saggi che hanno come target geni virali più espressi di altri), non è supportata dalla possibilità di isolare il virus, se non nel 2-5% dei casi, né tantomeno di trasmettere l’infezione grazie anche alla comparsa dell’immunità umorale specifica.

In parole più semplici: il rischio di avere un soggetto ancora positivo dopo 21 giorni dalla prima positività e che lo stesso, tornando in comunità, possa contagiare altri soggetti è sostanzialmente trascurabile.

Questo per ribadire quanto ci sia ancora da fare e da migliorare sul fronte del contact tracing e della diagnosi di questa infezione virale. Il tracciamento veloce è una delle poche armi che possono funzionare. Gli strumenti ci sono, ma come ci ricorda Clerici vanno usati laddove servono davvero, senza sprechi e perdite di tempo.

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