Mascherine: metterle o non metterle? Il dubbio amletico che riempie le pagine dei giornali in questi giorni sembra non trovare soluzione.

Ogni giorno leggiamo notizie in contrasto fra di loro: Regioni come Lombardia e Toscana che le rendono obbligatorie per uscire di casa, altre regioni che sono più morbide sull’obbligo…e poi arriva l’Organizzazione Mondiale della Sanità con la mazzata finale: “L’uso esteso di mascherine da parte di persone sane non è supportato da prove e comporta incertezze e rischi”.
Chi oggi è chiuso in casa, in attesa di uscire fuori “a riveder le stelle”, che cosa deve fare?

Sta bene, non ha avuto (o crede di non aver avuto) sintomi del COVID-19, per cui non sa come comportarsi: mettere la mascherina perché lo impone la Regione o soprassedere perché l’OMS dice che se sei sano non serve?
E l’altro grande dubbio è: quale mascherina si può usare?
Come ormai ci è stato ripetuto centinaia di volte dall’inizio dell’epidemia, le mascherine di cui fino a due mesi ignoravamo l’esistenza se non per passare la polvere in casa, e di cui oggi sappiamo persino il peso specifico di ogni molecola, si dividono in due categorie: quelle chirurgiche, pensate per proteggere il paziente dalla contaminazione da parte degli operatori (medici, infermieri) in sala operatoria (o dal dentista), e le FFP1, FFP2 e FFP3 (o N95, N99 e N100 nella normativa americana), pensate per proteggere gli operatori dalla contaminazione esterna e per questo chiamate Dpi (Dispositivi di protezione individuale).
Anche qui la confusione regna sovrana: le chirurgiche sono inutili per proteggerci? Ma non è meglio indossare queste piuttosto di non avere nulla? Anche perché le FFp1 e compagnia costano parecchio.
E di questo coronavirus, che è contagioso come un raffreddore e pericoloso come una polmonite, che rimane nella saliva non si sa bene per quanto tempo e con quale carica virale, che può essere contagioso anche senza causare sintomi evidenti….che può ritornare anche in pazienti che lo hanno già avuto, che può rimanere nell’aria, sulle superfice, sulle suole, persino nel frigorifero….di questo coronavirus che  sta stravolgendo l’esistenza a milioni di persone e ne ha fatte morire diverse migliaia, non sappiamo nulla. Nulla.
Le certezze sono poche. E le certezze di oggi domani potrebbero diventare dubbi.
Nel dubbio, quindi, occorre fare l’unica cosa di buon senso.

Il Dottor Alberto Enrico Maraolo

Per capirci qualcosa ho chiesto aiuto al dottor Alberto Enrico Maraolo, Specialista in Malattie Infettive, Dirigente Medico dell’Ospedale “D. Cotugno” di Napoli nella divisione Malattie Infettive a indirizzo neurologico, già intervistato su questa epidemia di coronavirus a febbraio, quando ancora noi italiani, chiaroveggenti e saggi, credevamo che tutto questo sarebbe rimasto solo in Cina. Lui già allora aveva intuito qualche avvisaglia e oggi torna a darmi una mano per capire quale sia il messaggio più corretto da dare in tema di mascherine.

 

Dottor Maraolo, ci possiamo fidare delle mascherine chirurgiche?

Le mascherine chirurgiche, come suggerisce il nome, servono ai medici e agli operatori in sala operatoria per evitare di contaminare il paziente. Proteggono gli altri, per intenderci. Ma non hanno una capacità filtrante dall’esterno verso l’interno e, soprattutto, ai lati rimangono aperte, consentendo quindi il passaggio di eventuali goccioline. Inoltre, non bisogna dimenticare che la trasmissione di virus respiratori può avvenire attraverso le mucose oculari. È vero quindi che io con la mascherina sono poco protetto, ma nel caso di questa epidemia, un soggetto asintomatico dovrebbe comunque indossarla per proteggere gli altri.

E visto che le persone asintomatiche di solito non sanno di esserlo, forse tutti dovrebbero indossarle per sicurezza?

Il fatto è che di questo coronavirus conosciamo poco o nulla. Ogni giorno aggiungiamo informazioni a quelle che già abbiamo, ma di certo sappiamo poco. Gli asintomatici non sono tutti contagiosi, ma alcuni lo sono. In quale percentuale? Non lo sappiamo. Il tampone ci dà un risultato dicotomico: positivo o negativo. Ma non ci fornisce un’analisi qualitativa della carica virale. I sintomi all’inizio possono essere lievi o non esserci: per questo coronavirus abbiamo visto che i sintomi peggiorano in sette-dieci giorni, un lasso di tempo in cui il soggetto va in giro, perché non si sente male, e rischia di diffondere il virus. L’influenza stagionale in questo senso è più prevedibile: i sintomi si vedono immediatamente e la persona rimane in casa fin da subito, possibilmente a letto e lontano da altre persone. Il contagio in questo caso quindi è più limitato.

Chi è immune potrebbe non dover indossare le mascherine?

Sull’immunità e sui test sierologici di cui si parla in questi giorni c’è ancora molto da studiare e da comprendere. Abbiamo avuto un caso di un paziente, per due volte negativo al tampone al quale, per errore, è stato fatto un terzo tampone prima delle dimissioni, che è risultato positivo. Non sappiamo  quindi quanto duri l’immunità.

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Un virus subdolo, in poche parole. E allora, viste tutte queste incertezze, non sarebbe meglio far indossare le mascherine a tutti, in modo che tutti proteggano tutti? Io se indosso la mascherina chirurgica probabilmente non mi proteggo, ma tu che la indossi proteggi me dalla tua “possibile” e “potenziale” carica virale.

È una protezione indiretta, ma è comunque utile. In aggiunta alle norme igieniche che ormai conosciamo perfettamente e al distanziamento sociale, concetto terribile ma a cui dobbiamo abituarci, perché può salvarci la vita.

Non sottovalutiamo il virus. E, nel dubbio, indossiamo tutti le mascherine (anche quelle chirurgiche vanno bene).