La disfunzione erettile colpisce il 13% degli uomini italiani, insorge dopo i 45 anni, ma la causa scatenante ad oggi non è nota. Esistono fattori di rischio, come stili di vista scorretti o patologie croniche, che possono facilitarne l’insorgenza. Ma in Italia la Disfunzione Erettile rimane ancora un tabù, qualcosa di cui gli uomini continuano a vergognarsi. I farmaci possono aiutare e si sta studiando un gel speciale dagli esiti promettenti. Ne parliamo con il dottor Andrea Boni, Urologo e Andrologo presso la S.C. Inter-aziendale di Clinica Urologica (Perugia-Terni).
La disfunzione da cosa dipende e chi colpisce?
La definizione di disfunzione erettile (DE) è basata sull’ autopercezione del paziente, più che su dati numerici standardizzabili. Potremmo identificarla come una persistente o ricorrente incapacità di raggiungere o mantenere un’erezione sufficiente ad ottenere una prestazione sessuale soddisfacente.
Nel linguaggio comune, la DE spesso è definita come impotenza, ma credo sia un termine usato impropriamente e che può generare frustrazione. È una disfunzione che ha luogo nelle varie fasi della risposta sessuale: desiderio, eccitamento, orgasmo e risoluzione. In queste fasi entrano in ruolo fattori psicogeni, oppure fattori organici come il sistema endocrino, quello nervoso, la muscolatura dei corpi cavernosi e del pavimento pelvico. Per questo la DE può essere di diverso tipo: organica, psicogena e mista.
E questo per rispondere a come si manifesta. Capire le cause, invece, è un po’ più complicato.
Iniziamo col dire che la DE colpisce dopo i 45 anni e che in più dell’80% dei casi è di natura organica ed imputabile a più fattori coesistenti nello stesso soggetto. Alla base della DE vi è sicuramente la disfunzione vascolare endoteliale. Vanno poi analizzati i fattori di rischio che predispongono maggiormente a questa disfunzione e che distinguiamo in:
-
Modificabili: fumo, obesità, sedentarietà, farmaci interferenti con la funzione erettile
-
Non modificabili: età, diabete mellito, ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, dislipidemia (un livello elevato di lipidi come colesterolo e trigliceridi), patologie neurologiche.
A questi si aggiungono altri fattori di rischio quali ipogonadismo, depressione e LUTS (Lower Urinary Tract Symptoms –un insieme di sintomi del basso tratto urinario).
Il diabete mellito, dopo l’età, è il fattore di rischio più comune per la DE e agisce con un meccanismo multifattoriale; negli ipertesi, la prevalenza di DE raggiunge anche il 68% mentre in chi fuma il rischio di sviluppare DE aumenta da 1,5 a 2 volte. La stretta correlazione tra il deficit erettile e le patologie cardiovascolari, fa considerare questa problematica come una sorta di marker spia per futuri potenziali eventi cardiovascolari.
Gli effetti possono incidere anche sulla sfera psicologica?
La sessualità, come ho spiegato in questo articolo, è alla base del benessere fisico, psicologico e sociale della persona. Quello a cui assistiamo, da una parte, è il rifiuto da parte delle persone di “medicalizzare” le problematiche sessuali e, dall’altra, a una bassa considerazione da parte dell’ambiente scientifico di questa condizione. Quando gli uomini, a prescindere dall’età, sono colpiti dalla DE o da altri disturbi che pregiudicano l’attività sessuale, tendono a chiudersi in sé stessi e non hanno il coraggio di rivolgere domande e chiedere consigli ad uno specialista.
Se le donne, già dall’adolescenza sono abituate ad avere una figura di riferimento nel proprio ginecologo, gli uomini si rivolgono all’ urologo solo in età adulta quando le disfunzioni risultano stabilizzate, più difficili da trattare, ed impossibili da prevenire.
Per un uomo, desiderare la propria partner ma non raggiungere una potenza soddisfacente, causa uno stato di ansia, con un’attenzione eccessiva sul proprio organo genitale e, di conseguenza, sulla prestazione in generale. Ciò interferisce con il coinvolgimento sessuale e con la normale risposta fisiologica, divenendo essa stessa da conseguenza a fonte del problema temuto. L’uomo, quindi, non si focalizza sulle proprie sensazioni e sul proprio piacere, ma sulla dinamica dell’atto stesso (movimenti del proprio corpo, turgore del pene) e principalmente sul raggiungimento della gratificazione del partner.
La fase precedente il rapporto sessuale è quindi spesso vissuta con uno stato ansioso di allerta ma una tale focalizzazione instaura il circolo vizioso della cosiddetta ansia da prestazione, che porta a peggiorare la situazione. Per la DE, quindi, occorre un approccio multidisciplinare, che prenda in considerazione anche gli aspetti psicologici della problematica disfunzionale andrologica. Il sistema di ricompensa cerebrale, infatti, è una struttura funzionale complessa dipendente da quei centri cerebrali implicati nel comportamento emozionale.
A volte può essere presente una vera disregolazione di impulsi e comportamenti sessuali che causano marcato stress e disfunzione nelle aree personale, familiare, sociale, lavorativa o in qualsiasi area importante di funzionamento del soggetto. Purtroppo tali alterazioni comportamentali, anche legate all’eccessivo consumo di informazioni in Rete, si osservano come problematica emergente tra i giovani.
Ad oggi come si può curare la DE?
Per il trattamento della disfunzione erettile si utilizzano terapie farmacologiche. La valutazione urologica di base è indispensabile perché esclude tutte le potenziali problematiche organiche, in seguito l’urologo decide dove indirizzare il paziente come seconda linea, sempre dopo aver tentato una soluzione terapeutica temporanea.
Tra le principali terapie farmacologiche troviamo:
-
Gli inibitori della fosfodiesterasi (PDE5-i), rappresentati da sildenafil, tadalafil, vardenafil e avanafil. Questi farmaci, tramite l’inibizione enzimatica, potenziano notevolmente l’effetto dell’ossido di azoto endogeno, rilasciato in seguito alla stimolazione sessuale. Quando l’ossido di azoto viene liberato, l’inibizione del PDE-5 da parte dei farmaci determina un rilassamento della muscolatura liscia e un afflusso di sangue, con conseguente erezione.
-
I farmaci a base di prostaglandine che si iniettano nel corpo del pene (iniezione intracavernosa) o attraverso l’uretra (iniezione transuretrale): necessitano di addestramento del soggetto e di solito sono di seconda scelta perché il loro utilizzo è spesso interrotto dal paziente a causa di alcuni effetti come erezione innaturale e dolore al pene.
Entrambe le terapie possono essere efficaci ma, come abbiamo già ribadito, occorre un approccio multidisciplinare per la DE e per questo si consiglia di essere affiancati da un counselling sessuologico, anche nel contesto di coppia. L’OMS definisce il couselling come attività di sostegno che consenta di essere consapevoli delle proprie risorse interiori e trasformarle in stili di vita soddisfacenti e in comportamenti responsabili. Sconsiglio in modo categorico l’acquisto di farmaci online, perché possono essere rischiosi per la salute in quanto possono contenere ingredienti attivi al di sotto degli standard, di scarsa qualità o in quantità non corretta. Possono inoltre essere contaminati da eccipienti non idonei in quanto non sottoposti all’appropriata valutazione di qualità, sicurezza ed efficacia richiesta dalle autorità regolatorie.
Si stanno tentando nuove terapie?
Fino a che non si individui con certezza una causa scatenante, qualsiasi terapia non può considerarsi totalmente risolutiva. Negli ultimi anni è emerso l’utilizzo delle onde d’urto focalizzate (ESWT) per stimolare la vascolarizzazione del pene, con buoni effetti soprattutto durante il trattamento, che vengono però persi progressivamente con la sua interruzione. Per questo sono necessarie numerose sedute di trattamento.
Recentemente è stato proposto un gel topico glicerilico allo 0,2%, formulato in un sistema di somministrazione topica ad assorbimento potenziato per il trattamento della disfunzione erettile, che sembrerebbe essere stato associato a significativi miglioramenti rispetto al placebo: in circa la metà dei pazienti, l’inizio dell’erezione è stato notato entro 5 e 10 minuti dalla somministrazione. Dobbiamo però aspettare ulteriori sviluppi per dare un giudizio sull’utilità di tale terapia.
In termini di prospettive future, sembrerebbe fondamentale prevenire questi disturbi tramite un’adeguata educazione sessuale e relazionale nei più giovani, lavorando sulla consapevolezza della propria persona e facendo conoscere anatomicamente e fisiologicamente le varie componenti che hanno luogo durante l’atto sessuale. Contestualmente, andrebbero incoraggiati stili di vita adeguati ad evitare disfunzioni organiche e metaboliche che possono sfociare in un futuro disturbo della sfera sessuale.
Questa intervista è stata pubblicata anche sul magazine online Medici Oggi, rivista fondata da Springer con cui collaboro.
Foto Credits | StockSnap